Algeria, un deserto da 10 e lode tutto da scoprire

AlgeriaMaedi Emanuela Nadin

Il deserto dell’Algeria è un museo a cielo aperto che cambia continuamente. Nel giro di pochi chilometri ci si trova di fronte a paesaggi affascinanti e  a scenari impressionanti che suscitano nell’animo del viaggiatore un bagaglio di emozioni indescrivibili.

Il Sahara algerino non è il primo deserto che ho visto, ma sicuramente è quello che più mi ha suscitato emozioni di grande felicità. L’immensità delle dune su cui resta l’orma del mio piede, i pinnacoli che i Tuareg chiamano per nome , a seconda della forma che gli hanno dato vento e pioggia , “La Coppa dei Campioni”, “l’Uomo senza testa”, la “Cattedrale”, l’”Arco. E poi il Tassili n’Ajjer ricco di arte preistorica, con circa 15.000 tra pitture e incisioni rupestri. Non le ho viste tutte, naturalmente, ma durante le soste ho ammirato la suggestiva “vacca che piange”, le Giraffe in corsa, gli elefanti in gruppo, la “giraffa accucciata” : una galleria che mostra l’evoluzione dell’uomo neolitico e la sua capacità di esprimere con i graffiti il mondo che lo circondava. Una realtà che, come si respira nell’aria,  non è  poi cambiata molto da allora. E’ qui, fra queste dune che cambiano colore secondo l’angolatura dei raggi solari, comprendo il significato del tempo che sembra essersi fermato. Non c’è ieri, non c’è domani, solo l’oggi con le esplosioni dei colori delle dune al tramonto quando la sabbia diventa rossa e quasi si confonde co la tavolozza del cielo.

L’escursione a piedi nel deserto incute un ancestrale timore che svanisce passo dopo passo, duna dopo duna, finché all’improvviso compare un piccolo stagno. Da lontano mi convinco che si tratta di un miraggio, ma più mi avvicino e più scopro che in quest’angolo sperduto dell’Acacus quello è proprio uno stagno pino d’acqua.  Attraverso in auto  paesaggi senza tempo, ma grandi nella loro immensità. Vedo castelli, archi di pietra quasi concentrici, cattedrali. Una roccia sembra un bisonte, un’altra mi ricorda una torre, altre due riportano alla mente un uomo e una donna che si guardano innamorati. E’ un film, una pellicola naturale che non ha bisogno di altri protagonisti perché qui la Natura è regina e domina incontrastata.

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Il viaggio nel deserto algerino dura una settimana. Dormo in una tendina, che ho imparato a montare e smontare in pochi minuti, su un piccolo materassino da campeggio e avvolta in un sacco a pelo. L’escussione termina, all’inizio è sopportabile, poi diventa più fredda e le notti sono gelide. Ma al mattino,  una tazza di tè bollente e il sole che sorge dietro alle dune cancellano ogni residuo di freddo. I compagni ideali nel deserto sono i Tuareg. Avvolti nelle loro palandrane di lana colorata sono una guida splendida in ogni occasione: si destreggiano fra le piste senza mappe o navigatore, sanno sempre come evitare le buche e conoscono i posti migliori per accendere un fuoco al tramonto. Il rito del tè ha un fascino e una suggestione che tolgono il fiato: sotto le stelle, ho bevuto il miglior tè della mia vita. (www.iviaggidimauriziolevi.it)