INDONESIA: GIAVA, BALI E SULAWESI, RICCHE DI STORIA , ARTE E CULTURA
L’Indonesia è unica per la sua macroscopica frammentarietà geografica, con conseguente notevole varietà ambientale, etnica e culturale. Questo paese del sud-est asiatico, tagliato dall’Equatore, risulta infatti composto da un numero impreciso, ma esorbitante, di isole, tanto che neppure i testi geografici concordano: chi dice 13.677, chi 17.508, chi numeri intermedi; di certo si tratta del maggior arcipelago del pianeta. Nella stragrande maggioranza sono piccole isole, disabitate o quasi, ma le dieci maggiori annoverano la quarta popolazione al mondo (230 milioni), con una densità decisamente elevata. Giava, l’isola più fertile grande metà dell’Italia, con il 7 % della superficie ne concentra da sola oltre la metà e Giacarta, la capitale, con 12 milioni è una delle maggiori metropoli asiatiche. Questa immensa corona di isole vulcaniche sono sparpagliate in un ampio tratto di mare tra l’oceano Indiano ad occidente e il Pacifico ad oriente, disseminate in una mezzaluna lunga 5 mila km ma estesa su un tratto di mare di 8 milioni di kmq tra i paesi del sud-est asiatico a nord e l’Australia a sud. Inoltre annovera 360 differenti gruppi etnici, che parlano più di 250 tra lingue e dialetti e professano religioni diverse, con la maggior concentrazione di musulmani in un unico stato, oltre 190 milioni. Per giunta costituisce anche la più intensa area vulcanica della terra: dei suoi 400 vulcani oltre un centinaio sono ancora attivi. Difficile governare un paese tanto grande (sei volte l’Italia) e, soprattutto, così sminuzzato e diverso, e infatti i problemi sono molteplici e di non facile soluzione. Il territorio si presenta in gran parte montuoso, con cime superiori anche ai 5 mila metri, ricoperte per una superficie grande tre volte l’Italia da foreste equatoriali e tropicali: sono indonesiane il 10 % delle risorse forestali della terra.
Flora e fauna sono eccezionalmente ricche, perché questo territorio in passato ha rappresentato un ponte di collegamento e di scambio tra il continente asiatico e quello australiano, con il risultato di possedere oggi una delle maggiori biodiversità del mondo, con una quantità di endemismi seconda soltanto all’Australia. Si calcola che un terzo di piante ed animali esistenti siano qui presenti. Il 13,6 % del territorio è protetto. Il popolamento umano dell’arcipelago parte da molto lontano: a Giava sono stati trovati resti fossili di Homo erectus vecchi di oltre un milione di anni. La sua posizione strategica sulle vie marittime di comunicazione e del commercio nell’estremo oriente vi attirò da sempre mercanti cinesi, indiani e arabi, poi europei. I primi insediamenti storici dal VII sec. furono una miriade di regni indiani che vi introdussero induismo e buddismo, seguiti nel XIV da regni arabi provenienti ancora dall’India e che portarono l’islamismo.
Nel 1602 arrivarono gli olandesi, rimasti poi fino all’indipendenza nel 1949, che ne fecero la maggior colonia dei Paesi Bassi, portandovi il cristianesimo. Oggi la multiforme cultura indonesiana presenta un sincretico miscuglio di influenze indiane, arabe, cinesi, malesi ed europee, con eccellenze nelle danze e nella musica tradizionale, nella produzione di tessuti (i celebri batik) e nella cucina, a base di riso e spezie.
Il turismo si concentra in particolare su tre isole, Giava, Bali e Sulawesi, straordinariamente ricche di storia, arte, cultura e natura, nonché dotate di buone strutture ricettive e anche di belle spiagge di sabbia nera. Giava, epicentro politico ed economico, è un luogo di straordinaria bellezza per le verdi risaie a terrazze ed i panoramici vulcani, con retaggi di un nobile passato che ha lasciato veri capolavori d’arte e di architettura. Da non perdere assolutamente la visita al palazzo del sultano, capolavoro dell’architettura giavanese indù, a Yogjakarta, antica capitale e epicentro culturale, al Borobudur, il maggior tempio buddista al mondo (sito Unesco), ai templi induisti di Candi Cetoh e Candi Sukuh, un misto di shivaismo e di culto della fertilità, all’escursione all’interno dell’enorme caldera del vulcano Bromo e al quartiere cinese della capitale Singapore. Si passa quindi alla selvaggia Sulawesi, la Celebes olandese dalla strana forma, composta da 4 vaste penisole che si distaccano da un nucleo montuoso centrale, 11° isola per estensione al mondo (grande oltre metà dell’Italia) ricoperta da foreste con un enorme patrimonio naturale e parecchi endemismi e una notevole frammentazione etnica. Qui la maggiore attrattiva è costituita dai Toraja, antica popolazione di contadini e allevatori, animisti ed ex tagliatori di teste, immigrata in epoca preistorica dal Vietnam. Vivono in sperduti villaggi montani entro enormi capanne di legno dalla curiosa forma di una prua di nave, abbellite da corna di bufalo e sculture in legno e pietra; sono famosi per il culto degli antenati e le cerimonie funebri, durante le quali sacrificano decine di bufali e maiali e seppelliscono i defunti in tombe rupestri precedute da effigi, manichini e statue con le fattezze e gli abiti dell’estinto. E per finire la minuscola e romantica Bali, perla turistica per le rinomate spiagge e le danze tradizionali in costume, è l’unica dove si sia conservata integra l’antica cultura induista, altrove soppiantata da quella musulmana. Meritano una visita i templi buddisti di Besakih, il luogo più sacro dell’isola, sulle pendici di un vulcano attivo, il vulcano Batur con un lago dalle acque turchesi, le splendide risaie terrazzate protette dall’Unesco.
L’operatore urbinate “Apatam Viaggi” (tel. 0722 32 94 88, www.apatam.it), dal 1980 specializzato in itinerari a valenza culturale con accompagnamento qualificato in tutto il mondo, propone in Indonesia un tour di gruppo di 15 giorni dedicato alla scoperta degli aspetti ambientali, etnici, artistici e culturali di Giava, Sulawesi e Bali. Unica partenza con volo di linea da Milano (e da altre città) il 13 agosto 2016, pernottamenti in hotel a 4 e 5 stelle con pensione completa, accompagnatore dall’Italia, quote da 4.400 euro in doppia tutto compreso.
Testo e foto di Giulio Badini