PUGLIA
Viene chiamata la terra dei Messapi perché uno dei denominatori comuni è costituito dalla diffusa presenza di resti di questa antica civiltà preromana e, come dice la parola greca messapioi, occupa il territorio interno situato tra due mari, Adriatico ad oriente e Ionio ad occidente. Siamo in Puglia, nell’alto Salento, sud della provincia di Brindisi al confine con quella di Lecce, un’enorme piana che non ha finora per nulla beneficiato del consistente sviluppo turistico registrato negli ultimi decenni sulle coste, ma non per questo priva di valenze ambientali e culturali e di attrattive di vario genere, e proprio per questo anzi capace di conservare intatto un prezioso patrimonio di antiche tradizioni. Altro denominatore comune, forse ancor più evidente, per gli otto comuni che ne fanno parte (Torchiarolo, San Pietro Vernotico, Cellino San Marco, San Donaci, San Pancrazio Salentino, Mesagne, Latiano e Francavilla Fontana, nomi che diranno poco o nulla a turisti e vacanzieri), viene rappresentato dal paesaggio uniforme, simile nei centri storici di paesi dove prevale il bianco candido della pietra leccese nelle strade, nelle piazze e nei vicoli, ma anche nei castelli, nei palazzi nobiliari o nelle case comuni e nelle chiese dalle esuberanti decorazioni barocche, ma pure nelle campagne votate spontaneamente all’agricoltura per l’azione combinata di un caldo sole, di venti refrigeranti e di un terreno rosso sabbioso ricco di calcio e di ferro che galleggia su una falda freatica piuttosto alta, dove basta fare un buco nel suolo per fare zampillare l’acqua. E a beneficiarne è in primis un’ esuberante vegetazione spontanea di papaveri, ranuncoli e margherite dalle strabilianti fioriture primaverili, dove si mischiano pini marittimi a palme, agavi e fichidindia.
Una terra benedetta fatta apposta per qualsivoglia produzione, dagli immensi uliveti millenari da cui nasce un nettare d’olio, ai vigneti autori negli ultimi decenni di affermati vini autoctoni che rispondono al nome di Primitivo, Negramaro, Aleatico e Salice salentino bianchi, rossi e rosè, e tante altre coltivazioni di cereali, ortaggi e frutta dove prevalgono per qualità ciliegie, fichi, asparagi e carciofi. Il carciofo brindisino IGP, piante alte e consistenti, foglie arrotondate e senza spine di color verde violaceo, caratteristiche organolettiche peculiari con innumerevoli proprietà toniche e disintossicanti, ricco di fibre e minerali con poche calorie, costituisce un vanto locale in quanto insignito nel 2011 dalla Comunità Europea del prestigioso riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta. Basta assaggiarli, negli infiniti modi di cucinarli, per rendersene conto. Storia curiosa quella del carciofo, che ha nell’Italia mediterranea il maggior produttore mondiale (oltre il 30 % del mercato e nella Puglia il primato italiano con circa un terzo): addomesticato dal cardo selvatico in Sicilia e Nord Africa all’inizio dell’epoca cristiana, fu esportato in Francia soltanto nel 1500 da Caterina de Medici, dagli olandesi in Inghilterra e poi dagli spagnoli in America (soprattutto California e Louisiana), facendogli compiere un percorso inverso a quello di tante altre piante come patate, pomodori e fagioli. E tra i mille colori e profumi della campagna spicca il bianco paglierino delle masserie, antiche strutture autosufficienti di abitazione, produzione e resistenza rurale ai nemici invasori. La bianca pietra tufacea salentina che domina ovunque il paesaggio è una rocca abbastanza tenera e malleabile, ideale per le decorazioni del Barocco, ma al tempo stesso anche fragile. Per indurirla dopo la lavorazione gli abili scalpellini ricorsero ad un curioso ed originare espediente: bagnarla nel latte.
In un territorio che, dai Messapi in poi, ha visto il susseguirsi di tutte le popolazioni storiche possibili (Romani, Bizantini, Longobardi, monaci basiliani, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Turchi ottomani, fino ai francesi di Napoleone, ai Borboni e al regno d’Italia), non possono mancare le eminenze storiche, artistiche e culturali. Ogni paese vanta un castello (rimarchevoli quelli di Mesagne, Francavilla e Latiano, spesso sedi di musei, pinacoteche e biblioteche; curioso il Museo del Sottosuolo a Latiano, dedicato al mondo delle grotte), palazzi gentilizi dagli imponenti portali, chiese ricche di stucchi e oro (solo Mesagne, nel suo centro storico a forma di cuore location di parecchi film, ne vanta una cinquantina). Significative, e non soltanto dell’epoca messapica, le testimonianze archeologiche: le imponenti terme romane di Malvindi presso Mesagne del I-IV sec. d.C., il villaggio di capanne di età del Ferro (VIII-VII sec. a.C.), poi trasformato in centro fortificato, di Li Castelli a San Pancrazio, le cripte ipogee dei monaci basiliani con begli affreschi bizantini a Torrevecchia o di Sant’Antonio alla Macchia presso San Pancrazio, il tempietto paleocristiano di San Miserino a San Donaci, tra i più antichi della regione, e gli innumerevoli resti messapici come Valesio presso Torchiarolo, una delle tredici città-stato di questa confederazione, estesa su una superficie – in gran parte da scavare – di 80 ettari racchiusi entro mura quadrangolari lunghe 3,5 km. I Messapi erano una popolazione greco-illirica giunta nel Tacco d’Italia nell’VIII sec. a.C., famosi come domatori di cavalli e abili lanciatori di giavellotto, che si scontrarono spesso con i greci di Taranto, comparvero nella guerra del Peloponneso e con Pirro contro i Romani, i quali nel 272 a.C. li sottomisero. La natura attrae con le paludi di San Donaci, richiamo per uccelli palustri come le cicogne, o con l’oasi di protezione faunistica dell’invaso idrico artificiale brindisino del Cillarese, in contrada Montenegro, che dal 1980 ospita un gran numero di uccelli acquatici stanziali e di passo. Importante funzione ecologica svolgono pure alcuni boschi, rimasugli della fiorente foresta Oritana di epoca preistorica, come i 69 ettari di latifoglie del Bosco Aurito a Cellino San Marco o i 1.300 ettari di leccete e macchia mediterranea della riserva naturale di Cerano-Tramazzone a San Pietro Vernotico, capaci entrambi di ospitare una notevole varietà faunistica che spazia dal cinghiale alle volpi, dai daini all’istrice, fino all’elusivo gatto selvatico. Scarseggiano alberghi e ristoranti, almeno rispetto alla costa, egregiamente sostituiti però da imponenti masserie trasformate in versatili agriturismi. Spesso si tratta di consistenti aziende agricole, fino a 200 ettari, capaci di produrre olio, vino, formaggi, carne, frutta, salumi e ortaggi, come si suole dire oggi a chilometro zero, direttamente dal produttore al consumatore, esaltando al massimo i sapori di una cucina tradizionale rustica ma genuina, e per giunta a costi contenuti. Non di rado sono condotti da donne, da laureati, da persone impegnate anche in altre attività lavorative, che interagiscono per passione verso la terra e per rispetto verso beni aviti. Caso eclatante, ma non straordinario, quello delle tenute di Al Bano Carrisi nel territorio di Cellino San Marco. Il noto cantante, autore, musicista, attore e show-man salentino ha infatti investito gli introiti di una straordinaria e longeva carriera artistica in un enorme podere che produce olio, vini e distillati, con al centro un resort hollywoodianio con tanto di spa, dove potrete incontrare fans da tutto il mondo venuti sì per beneficiare del clima e del cibo salentino, ma con la segreta speranza di incontrare il loro idolo, perché nonostante il successo planetario Al Bano è rimasto un ragazzo di campagna con i piedi per terra, buono, semplice e paziente. E i suoi prodotti hanno portato nel mondo sapori e buon gusto dell’enogastronomia italiana. Altra attrazione del territorio Carrisiland, un parco divertimenti per grandi e piccini con molteplici attrazioni, dall’acquapark agli spettacoli, dal trenino alla casetta sull’albero. Senza contare le tante manifestazioni folcloristiche, dai riti della Settimana Santa con la suggestiva Processione dei Misteri di Francavilla, alla gustosa Sagra delle Orecchiette di Latiano. Se amate la musica, ricordate che San Pietro Vernotico è il paese di Domenico Modugno: esiste un fan-club che raccoglie tutta la produzione dell’autore di Volare, e potrete ascoltare aneddoti su questo singolare personaggio raccontati dalla viva voce di arzilli pluriottantenni suoi compagni di vita.
Ma la crisi economica è arrivata a colpire anche un territorio all’apparenza tanto fortunato: diversi negozi chiusi e case e palazzi in vendita in città, non pochi terreni incolti in campagna, qualche masseria allo sfascio; gli ulivi scontano problemi attuali e recenti, il vino deve competere su mercati globalizzati, l’agricoltura non rende più come un tempo. Per sopravvivere servono idee nuove (è la necessità che aguzza l’ingegno), occorre valorizzare al massimo le risorse di cui si dispone, e il turismo culturale ed enogastronomico abbinato all’agricoltura potrebbe rappresentare la soluzione vincente. Con questo intento è entrato in campo il Gal (Gruppo di azione locale) Terra dei Messapi che, forte di fondi finanziari regionali e comunitari stanziati per lo sviluppo rurale, ha promosso e cofinanziato progetti tesi ad una crescita economica e sociale del proprio comprensorio, con particolare attenzione alle iniziative che potessero coniugare l’ambiente, soprattutto agrario, con il turismo. In sette anni, dal 2007 al 2013, sono stati analizzati circa duecento progetti e finanziati centocinquanta, con una spesa di circa dodici milioni di euro, che trattandosi di un cofinanziamento al 50 % rappresenta un investimento complessivo superiore ai venti milioni di euro. Non poco, se gestiti oculatamente e produttivamente. Sono serviti a creare nuovo strutture agrituristiche, salvando masserie dal decadimento, ampliando la ricettività alberghiera e creando nuovi posti di lavoro, ma anche a consentire le attività divulgative delle masserie didattiche (corsi di cucina tradizionale, cicli evolutivi del grano – dalla farina alla cucina – del latte – dalla mungitura al formaggio – dell’olio e del vino, per educare i consumatori di domani, ma anche per tracciare sentieri e piste ciclabili, per posizionare cartelli esplicativi, per creare maneggi per ippoterapia, per mantenere in vita laboratori di artigianato tradizionale come la lavorazione della ceramica, della terracotta, della cartapesta, della pietra tufacea leccese e per tanti altri progetti consimili. Un modo intelligente e, tutto sommato, economico per valorizzare il territorio, evitare emigrazione e creare posti di lavoro, soprattutto per i giovani. Info: GAL Terra dei Messapi, www.terradeimessapi.it, tel. 0831 743 929
Testo e foto di Anna Maria Arnesano e Giulio Badini